Danni arrecati da fauna selvatica

Non sempre la Pubblica Amministrazione è responsabile dei danni cagionati agli utenti della strada dagli  “animali vaganti”. Il dovere di controllo sugli stessi è infatti finalizzato al solo perseguimento di un interesse pubblico consistente nel mantenimento di un corretto e programmato “equilibrio ecologico” (es: censimento, programmazione abbattimento per alta concentrazione in una data zona, etc.).

Ne consegue  che non è imposta alla P.A l’attuazione di generali misure di protezione e di sorveglianza atte ad evitare incidenti, fatta salva la concreta intercettazione e segnalazione di pericoli non adeguatamente considerati e per i quali sarebbe lecito pretendere un intervento. 

Nemmeno potrà invocarsi una responsabilità in capo al “proprietario” dell’animale poiché lo Stato, in virtù di consolidata giurisprudenza, non potrà considerarsi tale, essendo la fauna selvatica patrimonio indisponibile volto al soddisfacimento degli interessi di tutta la collettività che, secondo un principio solidaristico, dovrà farsi carico degli eventuali pregiudizi dagli stessi eventualmente cagionato.

Sul danneggiato, al fine di ottenere il risarcimento, graverà quindi l’onere di dimostrare un’omissione rilevante e specifica della Regione che, deputata al controllo della fauna selvatica, non avrebbe messo in atto quelle misure che, nel caso concreto – non solo avrebbero evitato il danno – assurgerebbero a doveri imposti dalla normativa.

Vediamo nel dettaglio cosa prevede la normativa e la giurisprudenza e in quali casi l’omissione potrebbe considerarsi rilevante.

Ai sensi dell’art. 19 della L 11/02/1992, n. 157, sulla Regione grava l’obbligo di controllo della fauna selvatica.

Sulla base del menzionato dovere, il danneggiato, al fine di ottenere il risarcimento del danno cagionato dall’animale, deve fare accertare la responsabilità (da fatto illecito) dell’ente pubblico, provando la negligenza nell’attività di controllo richiesta dalla normativa richiamata (art. 2043 cod. civ.).

Non può invece invocare la responsabilità “oggettiva” prevista e disciplinata dall’art. 2052 cod. civ. – fondata sul semplice rapporto intercorrente con l’animale – poiché né lo Stato né la Regione possono essere considerati alla stregua di proprietari e/o utilizzatori dell’animale selvatico (Fra le ultime Cass. n. 32775/2019; Cass. n. 5722/2019).

Sul punto anche la Corte Costituzionale ha avuto modo di affermare che “gli animali selvatici soddisfano il godimento dell’intera collettività e gli eventuali pregiudizi dagli stessi cagionato costituisce un evento puramente naturale di cui la comunità intera deve farsi carico, secondo il regime ordinario e solidaristico di imputazione della responsabilità civile, ex art. 2043 c.c.”

Il fondamento della responsabilità della Regione per i danni cagionati dalla fauna selvatica viene quindi individuato dall’art. 2043 cod. civ. in qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto.

In virtù della “genericità dell’espressione, la disposizione citata è considerata dalla dottrina una sorta di clausola generale dell’ordinamento, realizzata attraverso la c.d. atipicità dell’illecito civile (ALPA-BESSONE, 30). Sarà l’autorità giudiziaria, infatti, a decidere se, tenuto conto del divenire della società, con le sue mutevoli scale di valori ed esigenze, un dato comportamento può ritenersi lesivo o meno della regola base di convivenza pacifica (omissis), verificando, altresì, la sussistenza di tutti gli elementi strutturali individuati nell’art. 2043 c.c.” (GIUFFRÈ, DE JURE, COD. COMMENTATI).

Quindi, nel caso di specie, la giurisprudenza di merito dovrà, di volta in volta, individuare quali attività di controllo potranno ritenersi esigibili dalla Regione e, conseguentemente, quali omissioni potranno considerarsi fatti illeciti (cd.: obbligo giuridico di impedire l’evento).

Nell’ipotesi di attraversamento di animali selvatici la giurisprudenza ha stabilito che tale obbligo debba essere individuato secondo criteri di prevedibilità e di ragionevole esigibilità. 

Dunque, per imputare a titolo di colpa un evento dannoso non basta che esso sia prevedibile – rappresenta, infatti, un fenomeno del tutto naturale che animali selvatici possano attraversare le strade – ma occorre anche che esso sia evitabile in quel determinato momento ed in quella particolare situazione con uno sforzo proporzionato alle capacità dell’agente.

Non costituirà, ed esempio, oggetto di obbligo giuridico la recinzione di tutte le strade e la segnalazione generalizzata di tutti i perimetri boschivi e/o di illuminazione notturna di strade fuori dall’abitato, peraltro quest’ultime di competenza dell’Anas (D.lgs 285/92))

La fauna selvatica viene infatti controllata dalle Regioni nell’interesse dell’equilibrio ecologico che, come tale, non impone l’obbligo di attuare generali misure di protezione e di sorveglianza, fatti salvi i pericoli intercettati e segnalati in concreto e non adeguatamente considerati.

Sarà invece considerata omissione illecita “l’anomala e incontrollata presenza di molti animali selvatici in un determinato luogo, l’esistenza di fonti incontrollate di richiamo di detta selvaggina verso la sede stradale, la mancata adozione di tecniche di captazione degli animali verso le aree boscose e lontane da strade e agglomerati urbani, etc.” (Tribunale di Venezia). 

In conclusione, il danneggiato, sul quale grava l’onere della prova, dovrà dimostrare oltre agli elementi fondanti la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. – nesso di causalità (giuridica e materiale) tra il fatto e il danno, la colpevolezza e l’imputabilità del fatto lesivo anche l’illiceità del fatto e l’apporto causale della stessa rispetto al danno.

Dovrà quindi provare il fatto storico consistente nello scontro con l’animale, l’imputabilità all’impatto dei danni presenti all’autovettura ed il loro ammontare (relazione delle autorità intervenute, verbale del veterinario della ASL che conferma la causa del decesso dell’animale nel trauma conseguente ad urto con l’autovettura, fattura di riparazione autovettura), ma soprattutto l’esistenza di una specifica condotta colposa della Regione (non basta un allegazione generica circa la mancanza di misure atte ad evitare scontri) che sia eziologicamente connessa al proprio danno e non interrotta da un propria condotta imprudente.

L’utente della strada che viaggia, ad esempio, in ora notturna su una strada che attraversa aree campestri e/o boschive ben può prevedere che tali zone siano frequentate da animali selvatici ed è tenuto ad adeguare la propria condotta di guida a detta circostanza così come alla ridotta visibilità notturna.

Una responsabilità dell’Ente preposto al controllo della fauna selvatica è ravvisabile, quindi, solo qualora risulti provata un’anomala concentrazione di animali dovuta a fonti di richiamo sulle quali non si è vigilato e qualora non si ravvisi un comportamento imprudente del danneggiato che abbia concorso casualmente, ed in via prevalentemente esclusiva, alla realizzazione dell’evento.